Braccio

Il lunedì sera al Pigneto è quasi tutto chiuso. O almeno, sono chiusi quasi tutti i locali che mi sono stati consigliati. La pioggia e il vento che c’erano la scorsa settimana, poi, contribuivano a uno scenario simil-post-nucleare, con quattro cani (di cui due eravamo noi) che si aggiravano per strade solitamente affollate.

Ma non deviamo: uno dei pochi locali aperti al Pigneto il lunedì notte quando piove e c’è vento è Braccio, un ristorante-wine bar piuttosto accogliente, articolato su tre piccole sale, per una trentina di posti (a occhio) complessivi.

Sin dall’inizio ci si sente coccolati, quando insieme al menu vengono offerti due piccoli pre-antipasti stuzzicanti, nel nostro caso un bocconcino di melanzane e un assaggio di quiche.

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Il Fortino

Il Fortino è una piccolissima pizzeria vicino al Forte Boccea.

E’ un locale chiassoso, con le tovaglie di carta e i menu scritti su un foglio plastificato ma con molto “cuore”. Una quarantina di posti a sedere nella saletta interna e altrettanti nel cortile esterno, un grande forno a legna all’ingresso. Tutto qui.

Fritti classici, ma è da segnalare il fatto che i fiori di zucca, i filetti di baccalà e i supplì sono fatti in casa e meritano di essere degustati.

Pizze alla romana, sottilissime ed enormi, dalle classiche margherita, capricciosa o quattro formaggi alla specialità fortino, con mozzarella di bufala, pomodori pachino e olive.

Prendendo birra e un dolce (con l’onnipresente tiramisù fatto in casa) difficilmente si spenderanno più di 15 Euro.

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Maxelâ

Maxelâ è un ristorante particolare, un ristorante-macelleria basato su un principio simile al Bisteak di Pietralata (che prima o poi recensirò): oltre a scegliere dal menu, si può andare al banco a scegliere il taglio da farsi preparare. Ma rispetto a ristoranti simili ha qualcosa in più: la carne di Scottona proposta proviene da allevamenti proprietari del ristorante stesso. O meglio, della catena di ristoranti, nati a Genova e presenti con una decina di locali in Liguria, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna e Lazio.

Detto questo, la mia esperienza al Maxelâ è stata buona, ma non esaltante. Aspetti positivi: i piatti molto gustosi e il servizio piacevolmente presente. Aspetti negativi: il tavolo che ci è toccato in sorte e le porzioni piuttosto risicate. Continue reading “Maxelâ”

Tribeca Café

Tribeca è un ottimo locale dove fare un buon aperitivo. E a Roma ce ne sono pochi.

Si trova in via Messina, vicino Porta Pia, ed è composto di due sale per una cinquantina di posti a sedere in totale. Stranamente, non ho mai trovato pieno. Pur essendo aperto tutto il giorno, io l’ho sempre provato per l’aperitivo, a partire dalle 18,30 in poi, fino alle dieci circa, quando chiude.

Nella sala principale trovano posto, oltre ai tavoli e al bancone, un grande tavolo quadrato (sì, è quello in foto) con le molte portate dell’aperitivo, che vengono rimpinguate nel corso della serata. Ci si trova di tutto, da insalate magrissime e frutta di stagione a due-tre tipi di pasta, riso e cous cous, a pasticci di carne e verdure, oltre alle immancabili frittate miste. Molto ricco e soddisfacente.

Piacevolissimo l’ambiente: soffitti alti, musica al giusto volume, tavoli comodi e distanziati il giusto. Tribeca promosso a pieni voti.

Il prezzo dell’aperitivo è di 8 Euro per un bicchiere di vino e per l’accesso libero al buffet.

Mangiare a New York – I miei indirizzi

Un po’ di note sparse al ritorno da New York, dove ho partecipato al TOC 2011.

Giornata da groupie a parte, in cui girando abbiamo incontrato nell’ordine Paris Hilton che entrava al Late Night di Letterman, il cantante dei Green Day in uscita dal suo musical e nientemeno, pochi metri più in là, che Al Pacino all’uscita del Mercante di Venezia:

Ne approfitto per fare un nodo al fazzoletto su alcuni indirizzi che sono stati una conferma alla mia quarta volta a New York o una scoperta in giro per Manhattan:

  • l’Hotel Portland: molto economico, sui 110 Dollari a notte, per la posizione ultra-strategica: a pochissimi metri (!) da Times Square. Negli scorsi anni era pulito ma un po’ trasandato nelle stanze. Da quest’anno, dopo tre anni di lavori, le stanze erano tutte rinnovate e davvero stupende. Ancora in ristrutturazione le aree comuni, sospetto che alla conclusione dei lavori i prezzi non saranno più così attraenti
  • Fresh & Co. è di gran lunga il mio posto preferito per la colazione. Io vado sempre a quello vicino all’albergo, al 1211 della Sixth Avenue. Cibi naturali per tutti i gusti, ma in particolare sono ghiotto del caffé alla nocciola, equilibratissimo, del Muffin Morning Glory, un tripudio di uvetta, noci, carote e semi vari (la ricetta per farlo in casa è qui) e l’oatmeal
  • Per la pausa pranzo, dopo aver macinato strada, cerco di andare da Whole Foods Market. Sono enormi supermercati alimentari specializzati sul fresco, che hanno però un’enorme area self service in cui c’è letteralmente di tutto: ci si serve da soli in banchi con decine di zuppe, a insalate da comporre a proprio piacimento scegliendo tra dozzine di ingredienti (dalla semplice lattuga, al tofu affumicato con il sesamo, dagli edamame ai broccoli al vapore), oppure piatti indiani, messicani, cinesi, giapponesi, ma c’è anche un bancone con una grande varietà di Sushi, Sashimi e Maki preparati da 4 cuochi sul posto o a portar via, un banco con pizze al taglio simili a quelle romane, banchi con polli e carni arrosto, dolci, bevande, insomma, di tutto. Una volta pagato, si va nelle ampie sale da Fast Food, dove c’è peraltro wifi gratuita (plus notevole). Unico problema, per me enorme: la porzione la si prepara da soli scegliendo scatole di carta impermeabili, e se si va con la fame si tende a riempire in modo abominevole una o più scatole, pagando anche molto e lasciando per sopraggiunta sazietà buona parte del cibo. Insomma, non bisogna avere gli occhi più grandi dello stomaco.
  • Burger Joint at Le Parker Meridien. Passa per essere uno dei migliori hamburger di New York. Di sicuro è uno dei migliori che io abbia mai mangiato. Semi-nascosto nella hall del Parker Meridien, hotel di lusso con ingressi sulla 56th e la 57th tra la sesta e la settima avenue, è un buco trasandato con una trentina di posti, sempre pieno, che sforna solo tre tipi di piatto: hamburger, cheeseburger e formaggio grigliato, accompagnati da patatine e birra o coca cola. Niente altro. Il prezzo di un hamburger è di 7$, il cheeseburger costa 8$. Una volta ordinato i panini avvolti nella carta e le patatine in una bustina da pane vengono schiaffati in mano con poca grazia, a voi trovare posto a sedere. Brutale il servizio, non bisogna andare per fare due chiacchiere, ma ne vale la pena.
  • Hummus Place. Nel West Village, piccolissimo, una dozzina di posti a sedere. Cucina israeliana con una centralità assoluta dell’Hummus, il puré di ceci con salsa Tahiné (al sesamo). Notevole, molto buono.
  • Veselka è un ristorante di cucina ucraina nell’East Village. Io ho provato il Borsch, una zuppa di cavolo rosso, e un assaggio di sette pierogi: fagottini di sfoglia fritti ripieni di formaggio, o carne, o spinaci, o tante altre cose sfiziose. Con Side dish e birra siamo sui 25 dollari a testa.

Social Media Week: ePublishing

Stamattina sono stato al primo evento, per me, della Social Media Week Rome: “Parole digitali: la rivoluzione ePublishing”.

Si è parlato di editoria elettronica in termini piuttosto generali, coniugati nelle due declinazioni di ebooks da un lato e giornalismo digitale dall’altro. Evento con connotazione piuttosto divulgativa, sala piena (come tutto quello che in questo periodo ha a che fare con l’epublishing). La tavola rotonda è stata coordinata da Raffaele Barberio di ebook.it, e gli interventi di gran lunga più interessanti sono stati quelli di Marco Calvo di Liber Liber. A seguire, il suo condivisibile intervento sui DRM nell’industria discografica e in quella digitale.

[DISCLAIMER: le riprese sono state effettuate con una videocamera Kodak Play Touch, fornitami dalla Kodak, per la quale, agli eventi della Social Media Week cui parteciperò, sarò unofficial reporter]

Il fondo bruno e Cattivissimo Me

Venerdì scorso, grazie a Universal Pictures Italia e alle GGD Roma sono stato invitato a partecipare ad un mini-corso di cucina tenuto presso A tavola con lo Chef, in occasione dell’uscita in blu-ray di Cattivissimo Me.

La serata, condotta dallo chef Antonio Chiappini, è consistita nella preparazione, assieme ad altri foodblogger (tra i quali Max di CucinaSMS, Slawka di Marketing del vino, Daniela SenzaPanna e Giulia Rossa di Sera), di una cena tutta basata sul giallo, il colore dei Minions.

Divertente, non c’è che dire!

Ma una cosa che mi ha dato molta soddisfazione è stata la spiegazione da parte di Antonio del procedimento per fare il fondo bruno, che avevo letto tante volte e che mai avevo avuto la pazienza di preparare. Oggi ne ho approfittato, e condivido con voi la ricetta.

Il fondo bruno è una base che si può usare per insaporire (in questo caso di carne) tutti i piatti che lo richiedono, di fatto è un sostituto fatto in casa per il dado. E tutta la fatica per produrlo può essere capitalizzata coservandolo in formine da ghiaccio nel freezer, prendendone un cubetto quando serve.

Ingredienti

1,5 kg di ossa e cartilagini (quelle che avevo io erano di vitello e maiale)
300 g di carote
300g di cipolla bianca
200 g di sedano
3 spicchi di aglio
Pepe, Timo e spezie a piacere
7-8 ore a casa per la cottura

Procedimento

Lavare ossa e cartilagini e disporle su una teglia da forno molto ampia foderata di carta forno.
Infornare a 200° per un’ora e mezza. Al termine della tostatura in forno, eliminare con un cucchiaio il grasso dal fondo della teglia, aggiungere le verdure tagliate a pezzettoni e rimettere per un’altra mezz’ora in forno.

Una volta sfornato, passare tutto in una pentola molto capiente (eliminando l’eventuale ulteriore grasso) e aggiungere almeno sei litri di acqua, il sale (poco, perché il tutto si restrigerà di circa sei volte) e le spezie a piacere.

Portre a ebollizione a fiamma alta, e quindi abbassarla al minimo, lasciando sobbollire scoperto per almeno 4 ore, finché il tutto non si sarà ristretto a circa un litro.

Scolare, e una volta che il liquido si sarà raffreddato, eliminare l’ulteriore grasso, quindi travasare nelle formine per ghiaccio e passare in freezer.

Ippokrates

Ippokrates, la sala di ingresso

Ieri sera abbiamo provato ieri questo piccolo ristorante greco vicino piazza Fiume. Sono poco avvezzo alla cucina greca, e quindi non sono in grado di giudicare l’aderenza dei piatti ai gusti della tradizione (se proprio questo deve essere lo scopo di un ristorante etnico), ma quello che posso dire con certezza è che, nonostante alcune piccole pecche, sono uscito molto soddisfatto.

Fate molta attenzione alla serata che scegliete: il locale è piuttosto piccolo rispetto alla quantità di persone che attrae, e così succede che nel weekend occorre rassegnarsi ad aspettare nella prima delle due sale (peraltro piuttosto rumorose) di cui si compone, in piedi vicino a chi mangia, cosa non piacevole per nessuno, chi deve attendere, chi magia con la calca accanto e chi serve zigzagando tra le persone. Quindi:

Prima regola: prenotate e se potete non andate nel fine settimana.

Seconda regola: affidatevi ai camerieri. Il servizio l’ho trovato superlativo. Nonostante fosse sabato sera, ci fosse la folla di cui sopra e fossimo alla seconda ondata, quella delle 22,30-23, la nostra cameriera è stata gentile, allegra e prodiga di consigli.

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