Ieri sono finalmente iniziate le ferie estive, e quest’anno dopo un po’ di pensieri e ripensamenti abbiamo deciso di fare un tour in Cappadocia, nella parte centrale della Turchia.
I primi due giorni sono di visita a Istanbul, città dove sono già stato un paio di anni fa in pieno inverno.
Ritrovare Istanbul ad Agosto è un’esperienza particolare, anche perché è la prima esperienza diretta che ho del Ramadan, il mese del digiuno rituale, durante il quale ogni musulmano può mangiare, ber e fumare solo a partire dal tramonto.
Ecco, forse influenzato dai miei pregiudizi e dal mio retaggio cattolico, che vede nel digiuno esclusivamente la dimensione della penitenza e della sofferenza, tutto mi sarei immaginato fuorché di trovare una vera e propria festa.
Sì, perché durante il Ramadan nonostante la privazione diurna e il disagio che provoca il digiuno, c’è una parallela e altrettanto, se non più, importante dimensione della Gioia, dell’attesa quotidiana del momento in cui la privazione terminerà, in cui si godrà più e meglio di ciò che non si è potuto avere nelle ore precedenti.
E questa gioia non è vissuta come un momento privato, ma condiviso.
Ed ecco così che lo spazio tra la Moschea Blu e Agya Sophia, tutto l’antico Ippodromo e ogni singolo lembo di giardino vengono invasi da teli per il picnic, dove intere famiglie, di tutte le età, già un paio d’ore prima del tramonto preparano tutte le vettovaglie.
All’arrivo dell’ora del tramonto, con la voce dei muezzin che riecheggia di minareto in minareto comincia la vera festa,
la celebrazione, con un banchetto sull’erba, del digiuno appena terminato.
Ed è tutto un vagare tra uno stand di dolciumi e uno di incisione sul legno, tra una caffetteria improvvisata e un banchetto di profumi ambulante,
una festa che durerà tutta la notte, fino al digiuno del giorno seguente.